La Blockchain è stata recentemente definita come una “tecnologia fondazionale”. Rivoluzione digitale? Prepariamoci a cambiare le nostre abitudini nei prossimi anni.
Avete già idea di cosa sia un cambiavalute digitale? Scommetto non molti…
È stato introdotto nella recente IV Direttiva antiriciclaggio in vigore dallo scorso luglio, in cui si è posta l’attenzione su due concetti in particolare: quello, appunto, di cambiavalute digitale (propriamente detto Exchanger) e quello di Valute Virtuali.
Con il primo si intendono “le persone fisiche o giuridiche prestatori di servizi funzionali alle valute digitali”. Con la seconda definizione, invece, possiamo catturare le proprietà intrinseche che caratterizzano le criptovalute; secondo l’art. 1 del D.Lgs 231/2007 successivamente modificato dal D.Lgs 90/2017 (su cui abbiamo posto la nostra attenzione) le valute virtuali consistono nella “rappresentazione digitale di valore, non emesso da una banca centrale o da un’autorità pubblica, utilizzata come mezzo di scambio e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente.” (Per chi volesse approfondire la direttiva, buona lettura).
Detto questo, per spiegare il successo delle Valute Virtuali e, più in generale, per giustificare le ragioni che hanno spinto a tale aggiornamento della normativa fiscale, bisogna analizzare la tecnologia alla base di questo boom, il sistema Blockchain.
Evitando il più possibile di usare parole sofisticate, la blockchain consiste in un registro decentrato nel quale vengono registrate tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete. Ogni transazione (che consiste in un blocco), una volta approvata dalla maggioranza dei computer presenti nella rete, si aggiunge alle precedenti formando una catena. Tale catena (il libro mastro delle nostre transazioni), viene conservata da tutti i computer presenti nel sistema, permettendo così che, nello stesso istante, la stessa tipologia di informazioni sia disponibile in tutto il mondo.
Le valute virtuali sono i pionieri di questa tecnologia e il Bitcoin ne è il fiore all’occhiello.
Con un’ascesa al dir poco dirompente e con una capitalizzazione di mercato che – al momento di stesura dell’articolo – si appresta intorno ai 120 miliardi di dollari , il Bitcoin (d’ora in poi BTC) si afferma come la cripotovaluta più importante nel sistema (Vedere per credere! ). Non a caso, dal 17 settembre 2015, è stata ufficialmente dichiarata dalla CFTC (“Commodity Future Trading Commission”) il primo asset digitale negli Stati Uniti d’America. Una materia prima proprio come oro e argento!
Le valute virtuali non vengono emesse e non vengono controllate da alcuna autorità centrale. Di solito hanno un tetto massimo di quantità di moneta che può essere emessa sul mercato; nel caso specifico di BTC, il limite si raggiungerà quando 21 milioni di pezzi saranno sul mercato. Ciò ha un duplice effetto: si va ad imitare la scarsità dei metalli preziosi e permette di evitare l’iperinflazione.
In un articolo apparso sull’Harvard Business Review la blockchain è stata definita una “tecnologia fondazionale”, la quale supporterà nuovi business, sistemi e processi. Guardando oltre il sistema finanziario, la blockchain può essere utilizzata per registrare ed archiviare eventi, cartelle cliniche, dati anagrafici, etc.; ultimo traguardo in ordine di tempo è quello degli smart contract.
Ciò significa che la sua applicazione può essere estesa a qualsiasi settore nel quale vi sono delle transazioni.
C’è chi assecondando il sistema ‘tradizionale’ pensa sia una bolla speculativa e chi, cavalcando l’onda innovativa, si è già predisposto verso la new economy. La domanda con cui vi lascio è: meglio aspettare o anticipare?