In questo articolo scopriremo insieme quando l’evasione fiscale diventa un illecito penale. È ampiamente noto nella cultura del nostro popolo, che costituisce dovere di ogni cittadino contribuire allo sviluppo economico del paese e tale sviluppo avviene attraverso attraverso l’esercizio del proprio lavoro. Dal lavoro, stando ai dettami dei padri costituenti, deriva il diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto. Così come è noto, che una percentuale variabile del guadagno di ogni lavoratore è destinata al sostenimento delle spese pubbliche. Così infatti cita l’art. 53 cost. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, continua al secondo comma: “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. In parole semplici, il capoverso vuole specificare che più è alto il livello di produzione di utile maggiore sarà la somma da versare nelle casse dello Stato. Tuttavia, soprattutto negli ultimi anni – forse per la gravissima pressione fiscale che oggi in Italia soffoca le aziende, forse per la grave crisi economica che il nostro paese sta affrontando – non sono pochi coloro che, pur sapendo di potere incorrere in gravi sanzioni, corrono il rischio di evadere il fisco. Possiamo quindi definire il concetto di evasione fiscale il non dichiarare una parte del proprio guadagno, o dichiararla in maniera sensibilmente ridotta, al fine di pagare all’erario una somma minore di quanto effettivamente spetterebbe. Pochi sanno, che nella generalità dei casi, l’evasione fiscale non costituisce reato, bensì illecito amministrativo quindi punibile con la relativa sanzione amministrativa pecuniaria.
V’è tuttavia da specificare, che in taluni casi il non versare quanto dovuto all’erario, può rientrare nella ben più grave violazione della legge penale, la cui sanzione può prevedere l’arresto e nei casi più gravi anche la detenzione.
Qual’è il limite oltre il quale l’evasione fiscale sfocia nel reato?
La risposta è molto semplice. Se pur la disciplina finanziaria in Italia è estremamente articolata, il limite tra illecito amministrativo e violazione delle legge penale resta, in questa materia, ben marcato e facilmente individuabile. Infatti, il legislatore demarca tale limite, attraverso la fissazione di un soglia quantitativa: dipende cioè da quanto si evade. Tanto per cominciare, a titolo di esempio, il Dl.gs. n. 8/2016, in vigore dal 6 febbraio 2016, stabilisce che il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali è un illecito amministrativo, ma solo per i versamenti di importo inferiore a euro 10.000 annui. Ciò implica che una evasione superiore a tale limite, costituisce la ben più grave violazione della legge penale.
Allo stesso modo, il Dlgs 74 del 2000, modificato dal DL. 138 del 2011 e successivamente ritoccato dal Dlgs. n. 158/2015, fissa ad euro 30.000 la soglia oltre la quale nel caso si tenti di evadere il fisco attraverso la falsificazione delle dichiarazioni dei redditi o Iva, si incorrerà nel reato. Ancora, in caso di mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi, Iva e anche del 770 entro 90 giorni dalla scadenza, si integrerà l’illecito penale, laddove l’imposta evasa sarà superiore a 50mila euro. Quelli riportati sono solo alcuni degli illeciti tributari, la cui gravità può condurre al reato, l’intera disciplina è contenuta nei citati decreti. Per completezza, v’è da aggiungere che per tutti questi reati non è applicabile la sospensione condizionale della pena se l’imposta evasa supera il 30% del volume d’affari ovvero sia superiore ai 3 milioni di euro.