Le 5 frasi da non dire ad un creativo
“Impara l’arte e mettila da parte”.
Ho perso il conto delle volte in cui mia madre mi ha detto questa frase. L’ha pronunciata così spesso, specialmente quando ero piccola e dovevo fare i compiti “veri”, mica quelle cose sceme come i lavoretti artistici, che mi risulta difficile dimenticarla.
Chi ha intrapreso un percorso artistico, come me, di certo non ha ascoltato questo prezioso consiglio e la domanda da porsi è: se non avessimo deciso di fare i ribelli e intraprendere un lavoro nel campo artistico, ci saremmo divertiti lo stesso?
Fatto sta che ora sono una creativa che se da un lato continua a chiedersi perché non abbia ascoltato la mamma, dall’altro pensa che non avrebbe mai potuto dare sfogo al suo estro e vivere l’esperienza lavorativa che nutre la pulsante vena sulla fronte di sarcasmo e ironia. Anche se questo vuol dire non essere apprezzati o compresi pienamente.
Ci sono molti lavori che possiamo classificare come creativi che spaziano in diversi settori, dall’arte intesa come pittura fino ad estendersi al campo dell’editoria e del mondo digital. Ognuno di essi entra sempre in contatto con richieste assurde o è costretto a confrontarsi con realtà paradossali che, in un certo senso, possono risultare anche divertenti.
Ecco le 5 frasi da non dire ad un Creativo di rabbia o disperazione:
1. Tanto ci metti un minuto
Se lo slogan ideato da un copywriter è breve non vuol dire che ci ha messo “un minuto” per idearlo. Se un designer è piuttosto bravo a manipolare immagini bisogna calcolare che Photoshop ci avrà impiegato almeno dodici anni ad avviarsi. Se un illustratore scarabocchia ogni tanto uno sketch su un foglio non vuol dire che per l’opera completa ci impiegherà il tempo d’un caffè.
Eppure, questo “tanto ci metti un minuto” l’abbiamo sentito tutti.
Certo, in un mondo sempre più fast e smart la velocità ha un valore inestimabile ma un lavoro fatto bene e pensato richiede del tempo in più. Come si suol dire… “la gatta, per fare in fretta, fece i figli ciechi”.
2. Puoi fare il logo più grande?
Ormai ogni designer ha una t-shirt con la frase “make the logo bigger” stampata a caratteri cubitali. Diciamo la verità: poco o tanto, il cliente ha pagato per il logo e quindi si deve vedere. Il problema vero è quando l’intero contenuto viene sopraffatto dalla grandezza del logo.
Allora un creativo ci prova a dire “ma se l’ingrandisco non è bilanciato…” o “va bene, solo un po’ però…” o ancora prova la tecnica del bluff “ma l’ho ingrandito, se non vedi la differenza evidentemente è il tuo Nokia 3310 che non supporta questo formato”. A volte si riesce a scamparla ma altre volte bisogna necessariamente arrendersi all’evidenza del fatto che sì, il logo va fatto più grande.
3. Fallo più bello
Partiamo dal concetto che “la bellezza è soggettiva”. Ai designer piace il minimal, con il logo che c’è ma si vede a malapena, piace giocare coi colori e spaziare nella scelta di font più abbinabili al contesto ma l’ombra del “fallo più bello” è sempre dietro l’angolo. Come possiamo fare più bella una cosa che per noi è già bella?
Il trucco è molto semplice: facciamola più brutta. Sarà sicuramente “più bella” per chi l’ha chiesta.
4. Conosci un’App che crea un logo?
Ahahahah… ahahahah… no. Non ci siamo.
Word è, ormai, un’app ma vi pare che scriva libri in piena autonomia? Diremmo proprio di no, altrimenti chiunque abbia anche solo un vecchio computer in soffitta con su installato Win98 potrebbe essere definito uno scrittore.
Un logo non è solo un’immagine; è un glifo che sintetizza o comunque rappresenta l’attività aziendale a cui fa riferimento. Per far sì che ciò accada, che sia funzionale, che sia bello e soprattutto che sia unico e originale non serve un’App. Ma un graphic designer. Vero.
5. Io certe pubblicità non le capisco proprio…
Ma che volete capire voi che avete messo l’arte da parte e avete la testa così quadrata che non sapete più come si fa ad uscire dagli schemi?
Prendiamo come esempio lo spot iper criticato del Buondì Motta. D’improvviso sono diventati tutti esperti pubblicitari e criticoni quando nessuno si è sforzato di vedere oltre.
Vi spieghiamo cosa è successo: in un classico scenario da favola tipico delle pubblicità di merendine dove alle 7 del mattino sono tutti già iper attivi, educati e seduti a tavola, una bambina si rivolge alla madre e chiede “una colazione leggera ma decisamente invitante che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità“. “Non esiste una colazione così. Possa un asteroide colpirmi, se esiste“.
Così un mega Buondì la colpisce in pieno davanti alla figlia. Uno spot che, attraverso un’iperbole chiara e precisa, prende in giro quel mondo perfetto da sempre rappresentato nelle pubblicità.
Invece no, “certe pubblicità non le capisco proprio”.
Ovviamente quest’articolo è da leggere con un po’ di ironia e senza voglia di fare polemica.
Tuttavia un po’ di curiosità, invece, rimane e mi chiedo: quali sono le frasi che vi fanno più arrabbiare? Ditecelo in un commento o ci trovate su Facebook!